La fibrillazione atriale è un’alterazione, permanente o accessionale, della contrattilità del miocardio atriale, dalla quale consegue l’alterazione della frequenza cardiaca e del normale ciclo cardiaco. Lo scopo dell’elaborato è, quindi, sia di studiare questo difetto cardiaco in ambito fisiologico, analizzandone quindi quello che è il meccanismo, sia di ricercare i motivi che possono provocare l’anomalia, sia di studiare questo fenomeno a livello elettrocardiografico. Attraverso l’utilizzo dell’elettrocardiografo si possono registrare le correnti d’azione del cuore. Tramite l’elettrocardiografo si ottiene, infatti, il tracciato dell’attività elettrica cardiaca, detto elettrocardiogramma (ECG), composto principalmente dall’onda P, dal complesso QRS e dall’onda T. Questo strumento è in particolar modo utile per la diagnosi di disturbi del ritmo cardiaco e delle lesioni miocardiche, come ad esempio la fibrillazione atriale, definita come una cardiopatia che altera il normale ciclo cardiaco e con esso la frequenza cardiaca. In termini elettrocardiografici, in caso di fibrillazione atriale, l’ECG è caratterizzato principalmente dall’assenza dell’onda P o al posto di quest’ultima si troverebbero onde caotiche e irregolari. Vi sono tre tipi di fibrillazione atriale, che si distinguono in parossistica, persistente e permanente. Le cause che provocano questa aritmia sono molteplici e di varia natura, ma i sintomi tramite i quali poter riconoscere un attacco di fibrillazione atriale sono plurimi. Oltre all’utilizzo dell’elettrocardiografo per la diagnosi, vengono anche utilizzati l’ecocardiografia e l’holter cardiaco, anche in relazione al tipo di fibrillazione atriale di cui il paziente è affetto. Le cure a cui poter far riferimento sono numerose. Nei casi di fibrillazione sporadica o di tipo parossistico si fa riferimento alla cardioversione farmacologica o elettrica; nel caso in cui gli episodi di fibrillazione atriale siano più seri e di durata più lunga, si ricorre all’ablazione transcatetere a radiofrequenza o crioablazione, operazioni precedute dall’infusione di etanolo all’interno della vena di Marshall. In seguito a questa operazione, il paziente può essere incline, all’interno del primo anno, dopo l’intervento, ad avere un altro episodio di fibrillazione atriale, e quindi essere soggetto a delle recidive. Ciò è causato in particolar modo dal tipo di fibrillazione atriale di cui il paziente è affetto. Per l’analisi delle tre tipologie della fibrillazione atriale, è stato preso in esame il segnale ECG di 56 pazienti. Una volta ottenuta definitivamente la parte del segnale di interesse, sono stati calcolati il valore dell’RR medio e il valore inerente alla variabilità della frequenza cardiaca. I due valori finali trovati sono risultati essenziali per il calcolo della significatività statistica tra classi, ottenuta attraverso il “T-Student Test”. A seguire sono state messe a confronto le classi, a due a due, ottenendo sei risultati distinti rispettivamente del P(RR) e del P(HRV), che sono: 0.476 e 0.094 nel confronto tra fibrillazione parossistica e persistente, 0.606 e 0.097 nel confronto tra fibrillazione persistente e permanente e 0.697 e 0.125 nel confronto tra fibrillazione permanente e parossistica. Si può concludere che le tre tipologie di fibrillazione atriale non hanno differenze specifiche in ambito elettrocardiografico. Questo vuol dire che è particolarmente difficile distinguerle l’una dall’altra tramite il solo studio dell’elettrocardiogramma. Ciò porta a concludere che la caratteristica principale che permette di distinguere una tipologia di fibrillazione dall’altra e di poterla quindi diagnosticare è la durata con cui si manifesta quest’ultima.
caratterizzazione del ciclo cardiaco durante la fibrillazione atriale parossistica, persistente e permanente
SILIQUINI, MICHELA
2021/2022
Abstract
La fibrillazione atriale è un’alterazione, permanente o accessionale, della contrattilità del miocardio atriale, dalla quale consegue l’alterazione della frequenza cardiaca e del normale ciclo cardiaco. Lo scopo dell’elaborato è, quindi, sia di studiare questo difetto cardiaco in ambito fisiologico, analizzandone quindi quello che è il meccanismo, sia di ricercare i motivi che possono provocare l’anomalia, sia di studiare questo fenomeno a livello elettrocardiografico. Attraverso l’utilizzo dell’elettrocardiografo si possono registrare le correnti d’azione del cuore. Tramite l’elettrocardiografo si ottiene, infatti, il tracciato dell’attività elettrica cardiaca, detto elettrocardiogramma (ECG), composto principalmente dall’onda P, dal complesso QRS e dall’onda T. Questo strumento è in particolar modo utile per la diagnosi di disturbi del ritmo cardiaco e delle lesioni miocardiche, come ad esempio la fibrillazione atriale, definita come una cardiopatia che altera il normale ciclo cardiaco e con esso la frequenza cardiaca. In termini elettrocardiografici, in caso di fibrillazione atriale, l’ECG è caratterizzato principalmente dall’assenza dell’onda P o al posto di quest’ultima si troverebbero onde caotiche e irregolari. Vi sono tre tipi di fibrillazione atriale, che si distinguono in parossistica, persistente e permanente. Le cause che provocano questa aritmia sono molteplici e di varia natura, ma i sintomi tramite i quali poter riconoscere un attacco di fibrillazione atriale sono plurimi. Oltre all’utilizzo dell’elettrocardiografo per la diagnosi, vengono anche utilizzati l’ecocardiografia e l’holter cardiaco, anche in relazione al tipo di fibrillazione atriale di cui il paziente è affetto. Le cure a cui poter far riferimento sono numerose. Nei casi di fibrillazione sporadica o di tipo parossistico si fa riferimento alla cardioversione farmacologica o elettrica; nel caso in cui gli episodi di fibrillazione atriale siano più seri e di durata più lunga, si ricorre all’ablazione transcatetere a radiofrequenza o crioablazione, operazioni precedute dall’infusione di etanolo all’interno della vena di Marshall. In seguito a questa operazione, il paziente può essere incline, all’interno del primo anno, dopo l’intervento, ad avere un altro episodio di fibrillazione atriale, e quindi essere soggetto a delle recidive. Ciò è causato in particolar modo dal tipo di fibrillazione atriale di cui il paziente è affetto. Per l’analisi delle tre tipologie della fibrillazione atriale, è stato preso in esame il segnale ECG di 56 pazienti. Una volta ottenuta definitivamente la parte del segnale di interesse, sono stati calcolati il valore dell’RR medio e il valore inerente alla variabilità della frequenza cardiaca. I due valori finali trovati sono risultati essenziali per il calcolo della significatività statistica tra classi, ottenuta attraverso il “T-Student Test”. A seguire sono state messe a confronto le classi, a due a due, ottenendo sei risultati distinti rispettivamente del P(RR) e del P(HRV), che sono: 0.476 e 0.094 nel confronto tra fibrillazione parossistica e persistente, 0.606 e 0.097 nel confronto tra fibrillazione persistente e permanente e 0.697 e 0.125 nel confronto tra fibrillazione permanente e parossistica. Si può concludere che le tre tipologie di fibrillazione atriale non hanno differenze specifiche in ambito elettrocardiografico. Questo vuol dire che è particolarmente difficile distinguerle l’una dall’altra tramite il solo studio dell’elettrocardiogramma. Ciò porta a concludere che la caratteristica principale che permette di distinguere una tipologia di fibrillazione dall’altra e di poterla quindi diagnosticare è la durata con cui si manifesta quest’ultima.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12075/12291