Circa il 70% delle donne affette da carcinoma mammario, sono sensibili agli estrogeni. Questo è dovuto dall’alto livello dell’ERa attivo. Viene utilizzata principalmente la terapia endocrina, tuttavia si osserva resistenza e progressione della malattia dopo circa 10 anni dal trattamento. La ricerca sta tentando di identificare delle possibili vie mirate all’alterazione dei pathway responsabili dei fenotipi resistenti e che potrebbero causare ricaduta. Inoltre, in fase di studio, sono i meccanismi responsabili del cambiamento della struttura della cromatina, in modo da andare a «creare» nuovi farmaci in grado non solo di ri-sensibilizzare le cellule resistenti ma ridurre anche la mortalità. L’utilizzo combinati di epifarmaci con farmaci endocrini ha mostrato un’attività incoraggiante nell’invertire la resistenza ormonale. Il primo approccio all’utilizzo clinico di epifarmaci in combinazione con farmaci endocrini è stato promosso dall’Università della California a San Francisco. Durante questo studio combinato, è stato possibile valutare la tossicità delle due diverse classi di farmaci somministrate a donne con carcinoma mammario ER+ dopo progressione rispetto ad una precedente terapia ormonale; inoltre, è stato possibile valutare l’attività antitumorale. Sono state selezionate 43 donne, con carcinoma mammario ER+, in pre- e post- menopausa. La terapia, di durata di 28 giorni, prevedeva l’assunzione una volta al giorno per via orale di 400 mg di HDACi per 21 giorni e di 20 mg di tamoxifene assunto in maniera continuativa. I test per valutare la risposta venivano eseguiti ogni due cicli. È stato sviluppato un test farmacodinamico per misurare l’acetilazione dell’istoni sulle cellule mononucleari periferiche (PBMC) in maniera tale da avere a disposizione un mezzo affidabile per misurare l’attività target degli inibitori delle deacetilasi istoniche (HDACi). È stato osservato come i livelli basali delle deacetilasi istoniche 2 (HDAC2) sia più elevato nei pazienti che hanno mostrato beneficio clinico durante il trattamento. In particolare gli inibitori delle deacetilasi istoniche sono in grado di ri-sensibilizzare le cellule resistenti alla terapia ormonale e si pensa possano prevenire l’insorgenza di resistenze. Si ritiene, inoltre, che la valutazione dell’espressione basale delle deacetilasi istoniche possa predire la risposta molecolare di un paziente. Nonostante, il grande entusiasmo intorno all’uso di questi agenti, ci sono ancora diversi ostacoli. I risultati clinici non soddisfano le aspettative generate nello scenario preclinico in termini di efficacia e tossicità.

MECCANISMI EPIGENETICI NELLA TERAPIA E NELLA RESISTENZA DEL CANCRO AL SENO

IMBRICE, EMILIANA PIA
2022/2023

Abstract

Circa il 70% delle donne affette da carcinoma mammario, sono sensibili agli estrogeni. Questo è dovuto dall’alto livello dell’ERa attivo. Viene utilizzata principalmente la terapia endocrina, tuttavia si osserva resistenza e progressione della malattia dopo circa 10 anni dal trattamento. La ricerca sta tentando di identificare delle possibili vie mirate all’alterazione dei pathway responsabili dei fenotipi resistenti e che potrebbero causare ricaduta. Inoltre, in fase di studio, sono i meccanismi responsabili del cambiamento della struttura della cromatina, in modo da andare a «creare» nuovi farmaci in grado non solo di ri-sensibilizzare le cellule resistenti ma ridurre anche la mortalità. L’utilizzo combinati di epifarmaci con farmaci endocrini ha mostrato un’attività incoraggiante nell’invertire la resistenza ormonale. Il primo approccio all’utilizzo clinico di epifarmaci in combinazione con farmaci endocrini è stato promosso dall’Università della California a San Francisco. Durante questo studio combinato, è stato possibile valutare la tossicità delle due diverse classi di farmaci somministrate a donne con carcinoma mammario ER+ dopo progressione rispetto ad una precedente terapia ormonale; inoltre, è stato possibile valutare l’attività antitumorale. Sono state selezionate 43 donne, con carcinoma mammario ER+, in pre- e post- menopausa. La terapia, di durata di 28 giorni, prevedeva l’assunzione una volta al giorno per via orale di 400 mg di HDACi per 21 giorni e di 20 mg di tamoxifene assunto in maniera continuativa. I test per valutare la risposta venivano eseguiti ogni due cicli. È stato sviluppato un test farmacodinamico per misurare l’acetilazione dell’istoni sulle cellule mononucleari periferiche (PBMC) in maniera tale da avere a disposizione un mezzo affidabile per misurare l’attività target degli inibitori delle deacetilasi istoniche (HDACi). È stato osservato come i livelli basali delle deacetilasi istoniche 2 (HDAC2) sia più elevato nei pazienti che hanno mostrato beneficio clinico durante il trattamento. In particolare gli inibitori delle deacetilasi istoniche sono in grado di ri-sensibilizzare le cellule resistenti alla terapia ormonale e si pensa possano prevenire l’insorgenza di resistenze. Si ritiene, inoltre, che la valutazione dell’espressione basale delle deacetilasi istoniche possa predire la risposta molecolare di un paziente. Nonostante, il grande entusiasmo intorno all’uso di questi agenti, ci sono ancora diversi ostacoli. I risultati clinici non soddisfano le aspettative generate nello scenario preclinico in termini di efficacia e tossicità.
2022
2023-10-16
EPIGENETIC MECHANISMS IN BREAST CANCER THERAPY AND RESISTANCE
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12075/14891