Una futura madre, durante la gravidanza, subisce dei cambiamenti nel proprio corpo ed è esposta ad una serie di rischi per la salute propria e del feto che porta in grembo. Così come lo stesso bambino, che chiameremo inizialmente “embrione” e solo dopo l’ottava settimana “feto”, cresce e si sviluppa secondo precise fasi, che lo porteranno, in assenza di complicazioni, ad avere tutti gli apparati opportunamente formati al momento della nascita. Sicuramente, un’attenzione ancora maggiore va rivolta al controllo della salute del feto, perciò sono raccomandati vari esami per il monitoraggio della gravidanza, dal concepimento al parto. Non sono da tralasciare infatti i rischi del periodo intra partum, quando una eventuale ossigenazione ridotta può portare ad un esito infausto anche in soggetti correttamente formati e nati a termine. In questi casi però una possibile acidosi è diagnosticata solamente dai prelievi di sangue ombelicale post partum, per misurare pH ed eccesso di basi (BE), e tramite calcolo dell’indice Apgar. Uno dei metodi di particolare interesse è il monitoraggio mediante cardiotocografia, una tecnica che permette di rilevare, attraverso una sonda Doppler, il tracciato della frequenza cardiaca fetale (fetal heart rate in inglese, FHR) e, tramite un trasduttore di pressione, le contrazioni uterine. Considerando la FHR, si definisce decelerazione, secondo le linee guida della Federazione Internazionale di Ginecologia e Ostetricia (FIGO), una diminuzione della FHR sotto la linea basale, di più di 15 bpm in ampiezza e per una durata maggiore di 15 secondi. Ad oggi la cardiotocografia si usa per casi ritenuti a rischio ed è interpretata dal personale medico specialistico, con possibile errore dovuto alla soggettività nella lettura dei valori. La prospettiva sarebbe quella di automatizzare il processo, attraverso software di analisi del tracciato CTG; una pratica, tuttavia, non ancora affermata in ambito clinico, nonostante numerose siano le ricerche che hanno portato alla progettazione di algoritmi per l’identificazione dei valori significativi di FHR. Questa tesi si pone l’obiettivo di identificare delle misure delle decelerazioni che possano indicare uno stato di salute anomalo del feto, in modo da intervenire in modo adeguato, per scongiurare esiti infausti. In particolare, le decelerazioni, soprattutto le cosiddette tardive e prolungate, possono essere ritenute collegate ad uno stato di ipossia fetale. Si vuole perciò verificare la presenza di una correlazione tra le caratteristiche delle decelerazioni e i parametri neonatali post partum, ovvero Apgar, pH e BE. Sono stati quindi selezionati, dal database CTU-CHB Cardiotocografia intrapartum della Physionet, 552 tracciati cardiotocografici relativi a soggetti nati oltre la 36a settimana, senza particolari difetti e con monitoraggi non superiori ai 90 minuti e di qualità sufficiente. È stato possibile estrarne gli istanti di inizio e fine decelerazione e da essi calcolarne durata, ampiezza ed area. Si considerano validi solo quei soggetti che non abbiano decelerazioni nulle e per cui sia stato possibile estrarre i parametri pH, BE e Apgar. Eliminati dall’analisi i casi non ritenuti accettabili, ogni caratteristica delle decelerazioni di ciascun soggetto è stata messa in correlazione con un parametro neonatale post partum e questi ultimi sono stati messi in correlazione anche tra loro. Ne consegue una mancanza di correlazione forte per ogni coppia messa a confronto, con valori di coefficiente di correlazione r molto prossimi allo zero, ad eccezione dei valori di pH e BE, che sembrerebbero essere gli unici a procedere secondo un trend analogo (r=0.83). In conclusione, seguendo l’approccio adottato in questa tesi, non è possibile evidenziare una chiara proporzionalità tra le caratteristiche delle decelerazioni e i parametri neonatali post partum.
Valutazione dello stato di salute dei feti in base all'area delle decelerazioni
BRIZZOLA, ELISA
2019/2020
Abstract
Una futura madre, durante la gravidanza, subisce dei cambiamenti nel proprio corpo ed è esposta ad una serie di rischi per la salute propria e del feto che porta in grembo. Così come lo stesso bambino, che chiameremo inizialmente “embrione” e solo dopo l’ottava settimana “feto”, cresce e si sviluppa secondo precise fasi, che lo porteranno, in assenza di complicazioni, ad avere tutti gli apparati opportunamente formati al momento della nascita. Sicuramente, un’attenzione ancora maggiore va rivolta al controllo della salute del feto, perciò sono raccomandati vari esami per il monitoraggio della gravidanza, dal concepimento al parto. Non sono da tralasciare infatti i rischi del periodo intra partum, quando una eventuale ossigenazione ridotta può portare ad un esito infausto anche in soggetti correttamente formati e nati a termine. In questi casi però una possibile acidosi è diagnosticata solamente dai prelievi di sangue ombelicale post partum, per misurare pH ed eccesso di basi (BE), e tramite calcolo dell’indice Apgar. Uno dei metodi di particolare interesse è il monitoraggio mediante cardiotocografia, una tecnica che permette di rilevare, attraverso una sonda Doppler, il tracciato della frequenza cardiaca fetale (fetal heart rate in inglese, FHR) e, tramite un trasduttore di pressione, le contrazioni uterine. Considerando la FHR, si definisce decelerazione, secondo le linee guida della Federazione Internazionale di Ginecologia e Ostetricia (FIGO), una diminuzione della FHR sotto la linea basale, di più di 15 bpm in ampiezza e per una durata maggiore di 15 secondi. Ad oggi la cardiotocografia si usa per casi ritenuti a rischio ed è interpretata dal personale medico specialistico, con possibile errore dovuto alla soggettività nella lettura dei valori. La prospettiva sarebbe quella di automatizzare il processo, attraverso software di analisi del tracciato CTG; una pratica, tuttavia, non ancora affermata in ambito clinico, nonostante numerose siano le ricerche che hanno portato alla progettazione di algoritmi per l’identificazione dei valori significativi di FHR. Questa tesi si pone l’obiettivo di identificare delle misure delle decelerazioni che possano indicare uno stato di salute anomalo del feto, in modo da intervenire in modo adeguato, per scongiurare esiti infausti. In particolare, le decelerazioni, soprattutto le cosiddette tardive e prolungate, possono essere ritenute collegate ad uno stato di ipossia fetale. Si vuole perciò verificare la presenza di una correlazione tra le caratteristiche delle decelerazioni e i parametri neonatali post partum, ovvero Apgar, pH e BE. Sono stati quindi selezionati, dal database CTU-CHB Cardiotocografia intrapartum della Physionet, 552 tracciati cardiotocografici relativi a soggetti nati oltre la 36a settimana, senza particolari difetti e con monitoraggi non superiori ai 90 minuti e di qualità sufficiente. È stato possibile estrarne gli istanti di inizio e fine decelerazione e da essi calcolarne durata, ampiezza ed area. Si considerano validi solo quei soggetti che non abbiano decelerazioni nulle e per cui sia stato possibile estrarre i parametri pH, BE e Apgar. Eliminati dall’analisi i casi non ritenuti accettabili, ogni caratteristica delle decelerazioni di ciascun soggetto è stata messa in correlazione con un parametro neonatale post partum e questi ultimi sono stati messi in correlazione anche tra loro. Ne consegue una mancanza di correlazione forte per ogni coppia messa a confronto, con valori di coefficiente di correlazione r molto prossimi allo zero, ad eccezione dei valori di pH e BE, che sembrerebbero essere gli unici a procedere secondo un trend analogo (r=0.83). In conclusione, seguendo l’approccio adottato in questa tesi, non è possibile evidenziare una chiara proporzionalità tra le caratteristiche delle decelerazioni e i parametri neonatali post partum.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12075/3621