Il concetto di osteointegrazione è stato introdotto dallo svedese Peter-Ingvar Brånemark a partire dagli anni sessanta, trovando come prima applicazione il campo dell’odontoiatria. A partire dagli anni novanta, la tecnica della osteointegrazione è stata estesa agli amputati d’arto, utilizzando impianti osteointegrati (OPRA) trans-femorali, trans-radiali, trans-omerali e trans-metacarpali. Gli impianti protesici osteointegrati sono utilizzati come un trattamento alternativo ai metodi protesici tradizionali e alle tecniche microchirurgiche di ricostruzione di segmenti corporei in seguito a malformazioni e/o amputazioni. Le protesi d’arto osteointegrate, in particolare, sono caratterizzate da un ancoraggio diretto di un impianto metallico ad un osso, consentendo il collegamento di una protesi esterna direttamente allo scheletro. Il metodo di ancoraggio proposto da questa tecnica migliora il controllo della protesi ed elimina la necessità di una invasatura con notevoli vantaggi per i pazienti in termini di possibilità di movimento e di confort. L’assenza dell’invasatura comporta che la protesi si adatti perfettamente all’arto e conferisce all’utilizzatore anche altri benefici, come la mancanza di calore, di sfregamenti, di dolore e lesioni da decubito. Gli impianti progettati in ambito odontoiatrico hanno permesso di sviluppare tecniche di fissaggio innovative per epitesi facciali e per falangi prossimali degli arti superiori fornendo difatti una soluzione protesica alternativa. Questa tesi propone una revisione narrativa della letteratura scientifica riguardante le tecniche di osteointegrazione in ambito medico, valutando in maniera critica le diverse indicazioni, le applicazioni, e le prospettive di utilizzo. L’obiettivo di questo elaborato è analizzare le peculiarità, le potenzialità della tecnica osteointegrativa e riportare in maniera analitica i vantaggi finora riscontrati nei diversi studi effettuati.
Impianti osteointegrati: dalle indicazioni cliniche ai protocolli protesici
TERRIBILE, RAFFAELE
2021/2022
Abstract
Il concetto di osteointegrazione è stato introdotto dallo svedese Peter-Ingvar Brånemark a partire dagli anni sessanta, trovando come prima applicazione il campo dell’odontoiatria. A partire dagli anni novanta, la tecnica della osteointegrazione è stata estesa agli amputati d’arto, utilizzando impianti osteointegrati (OPRA) trans-femorali, trans-radiali, trans-omerali e trans-metacarpali. Gli impianti protesici osteointegrati sono utilizzati come un trattamento alternativo ai metodi protesici tradizionali e alle tecniche microchirurgiche di ricostruzione di segmenti corporei in seguito a malformazioni e/o amputazioni. Le protesi d’arto osteointegrate, in particolare, sono caratterizzate da un ancoraggio diretto di un impianto metallico ad un osso, consentendo il collegamento di una protesi esterna direttamente allo scheletro. Il metodo di ancoraggio proposto da questa tecnica migliora il controllo della protesi ed elimina la necessità di una invasatura con notevoli vantaggi per i pazienti in termini di possibilità di movimento e di confort. L’assenza dell’invasatura comporta che la protesi si adatti perfettamente all’arto e conferisce all’utilizzatore anche altri benefici, come la mancanza di calore, di sfregamenti, di dolore e lesioni da decubito. Gli impianti progettati in ambito odontoiatrico hanno permesso di sviluppare tecniche di fissaggio innovative per epitesi facciali e per falangi prossimali degli arti superiori fornendo difatti una soluzione protesica alternativa. Questa tesi propone una revisione narrativa della letteratura scientifica riguardante le tecniche di osteointegrazione in ambito medico, valutando in maniera critica le diverse indicazioni, le applicazioni, e le prospettive di utilizzo. L’obiettivo di questo elaborato è analizzare le peculiarità, le potenzialità della tecnica osteointegrativa e riportare in maniera analitica i vantaggi finora riscontrati nei diversi studi effettuati.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.12075/10365